Big data e AI: un futuro sempre più intelligente

Quanto saremmo disposti a spendere mensilmente per utilizzare i social?

Questa domanda è stata posta da Giovanni Giuffrida, fondatore di Neodata Group s.r.l, agli studenti del Master UPA in Strategie di Comunicazione Integrata al Tempo del Digitale. 
Le risposte che ne sono derivate, una media di 5/10€ a testa, hanno dimostrato quanto siamo portati a sottostimarne il valore: i social sono ormai scontati nella nostra quotidianità e, soprattutto, sono gratis. Ma proprio qui arriva il punto. 

“Quando il prodotto è gratuito, vuol dire che il prodotto sei tu”. 

Piattaforme come Facebook, Instagram, Google, vivono grazie ai dati che quotidianamente noi forniamo a loro, i cosiddetti “Big Data”, per un valore di circa 60/70€ a testa. 

Ma cosa sono i “Big Data”?

Stando all’ Oxford Dictionary:
“I Big Data sono dati di grandi dimensioni, la cui gestione e manipolazione richiede grandi sfide di logistica”. Oppure, più semplicemente, sono i “dati che non stanno in Excel”. 
Per avere un ordine di grandezza di cosa si intende per “grandi dimensioni”, basti pensare che ogni giorno generiamo quintilioni di byte di dati, cioè miliardi di miliardi, e il 90% dei dati mai creati in tutto il mondo è stato generato negli ultimi due anni.
Enormi quantità dunque, che dimostrano anche come essi non siano altro che un modo di pensare e una economia: le sei aziende più capitalizzate al mondo, non a caso, sono tutte tech company (Apple, Amazon, Google, Microsoft, Facebook, Alibaba).

Oltre ad avere un grande volume, secondo Gartner, i big data sono anche: veloci, vari, veraci, di valore.

Perché sono così importanti?

Come spiega Giovanni Giuffrida, i Big Data sono il nutrimento dell’ Intelligenza Artificiale: sono due facce della stessa medaglia.

Di Intelligenza Artificiale si parla dal 1956, anno in cui John McCarty ha coniato il termine e, nel corso degli anni, l’approccio ad essa ha subito numerosi cambiamenti.

1.    In un primo momento il focus riguardava l’estirpazione della conoscenza del cervello umano, per applicarlo alle macchine. Approccio che è fallito.

2.    In un secondo momento si è iniziato a parlare di Machine Learning: ovvero implementazione alla macchina di conoscenze di base su un argomento, unito ad esperienza sul campo. La macchina migliora facendo.

3.    Passando infine al Deep Learning, approccio derivato proprio dal Machine Learning. Alla macchina non vengono più nemmeno implementate le conoscenze di base: impara solo con l’esperienza, che deriva proprio dai Big Data.

Un’ interessante applicazione della AI, e delle sue strabilianti capacità, prende forma nel sistema Watson, sviluppato nel progetto DeepQA di IBM. Nel 2011, questa intelligenza è stata in grado di battere i campioni in carica al quiz Jeopardy! in una sfida interamente uomo-macchina.
Il progetto ha chiaramente uno scopo ben più alto. In particolare, in campo sanitario potrebbe aiutare a eseguire diagnosi mediche più veloci e mirate.

Ad oggi, tuttavia, i vantaggi della AI e dei Big Data incontrano ancora delle resistenze: sia per motivi culturali, sia per mancanza di skills adeguate alla comprensione, sia per mentalità
Chissà che in un tempo non troppo prossimo, queste diffidenze possano lasciare il posto ad una maggiore consapevolezza?
Lo scopriremo solo nel futuro. 

(Fonte immagine: passionateinanalytics.com “Role of AI in deployment of AI guided recycling Robots”)
 

by Marta Scanavino