Tra crisi finanziarie e sostenibilità. Mattiacci e le previsioni (sbagliate) del futuro

Parlare del futuro significa, nella sostanza, sbagliarsi. Il determinismo di un futuro prevedibile sulla base degli attuali sviluppi in materia di società, economia e tecnologia rischia di dare grosse delusioni a chi pensa di poter dare per scontato che il futuro abbia in serbo per noi quello che ci aspettiamo. Lo sostiene Alberto Mattiacci, Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese alla Luiss Business School di Roma, che di certo nella sua visione del mondo che verrà ha solo, appunto, di potersi sbagliare. Certo qualche indizio sulle pieghe che le vite delle persone stanno prendendo e di come le aziende si debbano innovare per realizzare nuovi bisogni dei consumatori, si può trovare.

Se proprio si vuol fare lo sforzo di capire come la tecnologia e l’economia evolveranno nei prossimi anni iniziare da un’analisi accurata di quale sia lo scenario in cui siamo immersi ora è certamente un punto di partenza.

In quanto a crisi impattanti, il Covid è certamente stato solo l’ultimo degli eventi che hanno scosso il mondo. La crisi finanziaria del 2008 scoppiata negli Stati Uniti era stato uno dei primi eventi a far capire quanto interconnessi fossero i movimenti di capitale nel mondo e quanto velocemente lo scoppio di una bolla si porti con sé le vite e gli investimenti di milioni di persone da ogni continente. Qualche anno dopo abbiamo scoperto, con la sorpresa di pochi, che persino i debiti degli Stati possono diventare pseudo-obbligazioni di fondi di investimento privati e di quanto questo possa influenzare processi decisionali interni ai governi degli Stati che quel debito l’hanno contratto. Sono stati gli anni della crisi dei debiti sovrani, tra conti correnti bloccati in Grecia e crisi di governo in Italia con Spread a 500.

Il cambiamento climatico poi è la crisi di lunga durata più facile da tirare in ballo parlando di futuro. Il 2019 segna l’ennesimo record di anno più caldo della storia. Sostenibilità e sensibilità all’ambiente sono pratiche e slogan che permeano diffusamente le strategie di imprese nei più disparati settori di mercato. Persino la finanza. La Green economy sta infatti attirando non solo l’attenzione di consumatori e aziende, ma anche di istituti di credito, che sempre di più si fanno coinvolgere in investimenti nel sostenibile (da ultimo il progetto tra Banca Generali e Treedom). E se Larry Fink, amministratore delegato di BlackRock, uno dei fondi più importanti al mondo, detta la linea sugli investimenti nel rinnovabile, guidando un istituto che gestisce quasi 8 trilioni di dollari, Mattiacci inizia a porci una domanda. E se fosse la finanza a salvare il pianeta? Se quel motore che vive di numeri, viaggia sulle aspettative e vive pensando al profitto vedesse le risorse rinnovabili come settore di potenziale guadagno? Di certo, come detto, abbiamo solo di poter sbagliare le previsioni. Ma l’avremmo fatto cercando di comprendere cosa sta cambiando nella società e nell’economia, con la piccola speranza che persino la logica del profitto possa spingere al miglioramento della società, così come la storia ha sempre dimostrato. E questo sforzo non potrà che averci reso più ricchi.

by Danilo Bussi